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La chiesa dei Santi Felice e Fortunato a Valle San Felice |
Isolata dal paese, in posizione panoramica, si
staglia la chiesa dei santi Felice e Fortunato, dedicata a san Felice,
misterioso santo martirizzato all’epoca di Diocleziano, la cui esistenza
è stata confutata nel Settecento dall’illuminista roveretano Girolamo
Tartarotti.
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Esistente forse già in epoca longobarda, come dimostra un fregio
marmoreo rinvenuto nel 1965 con croce bizantineggiante decorata da
tralci di vite, grappoli d’uva, croci angolari e palme, nominata nel
1224 come sede della pieve di Gardumo, la chiesa è stata riedificata nel
Cinquecento in forma lineare ed elegante, con la facciata |
della pieve di Gardumo, la chiesa è stata riedificata nel
Cinquecento in forma lineare ed elegante, con la facciata sormontata da
un timpano e preceduta da un ampio pronao costruito nel 1583, come
testimoniano la data incisa sul portale e la scritta sul capitello
sinistro, che ricorda il nome del lapicida: MI ANDREA DI / POVLI FECI DI
/ MIA MANE.
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Nel 1717 fu aggiunta la magnifica cappella laterale di S. Felice e nel
1862 quella speculare del Crocifisso.
Il campanile, staccato dalla chiesa, è stato rifatto tra il 1914 e il
1930, in sostituzione di quello antico abbattuto nel 1845.
Il paese di Valle S. Felice con la sua chiesa
L’interno è chiuso da un’artistica cancellata in ferro battuto e gli
altari sono un esempio della perizia dei maestri castionesi, scultori e
architetti che nei secoli XVII e XVIII arricchirono di altari
buona parte delle chiese trentine, nonché di quelle tirolesi e
austriache, operando un aggiornamento artistico modellato sugli stilemi
barocchi e rococò.
Si devono ai maestri di Castione l’altare maggiore, in marmi policromi,
l’altare di S. Antonio e gli altari del presbiterio, quello di San
Giuseppe, a sinistra, originariamente intitolato alla Madonna del
Rosario e quello della Madonna, a destra, un tempo dedicato a san
Giuseppe (i due altari hanno curiosamente ribaltato i ruoli). La
modestia delle moderne pale e delle statue lignee di scuola gardenese
non interferisce troppo con la finezza e la preziosità degli altari
marmorei.
Si devono ai maestri di Castione anche il fonte battesimale e i
raffinati portali del presbiterio.
Garbatamente neoclassico è invece l’altare della cappella del
Crocefisso, eretta nel 1862, come ricorda l’iscrizione dipinta
sull’arco d’entrata: ANTONIUS GIRADELLI / SUIS SUMPTIBUS / Anno Dni
MDCCCLXII, anche se il bel Cristo ligneo è probabilmente più antico.
Risalgono al 1928 gli affreschi dipinti da Carlo Donati, pittore
veronese, con le storie di dei santi Felice e Fortunato, realizzate in
una raffinata grafia déco.
Negli stessi anni Donati aveva realizzato anche gli affreschi della
chiesa di Santa Croce nel Bleggio e forse il pittore non è estraneo al
trasporto delle pregevoli tele della Via Crucis, inserite in
preziose cornici rococò, dalla chiesa del Bleggio a quella di S. Felice.
L’arredo ecclesiastico è completato dall’acquasantiera in pietra bianca
con coppa baccellata sostenuta da fusto ornato da foglie d’acanto e base
trapezoidale con volute angolari, con incisa la data 1544 e lo stemma
dei Castelbarco.
Elemento principale della chiesa è la cappella di San Felice,
testimonianza artistica più insigne della val di Gresta, al punto che lo
stesso Girolamo Tartarotti, pur contestando il culto di san Felice,
scriveva ammirato che con molto dispendio di questi poveri terrazzani la
nuova magnifica Cappella fu terminata.
Come si desume dalla scritta nel cartiglio sorretto da angeli in stucco
posto sull’arco di entrata, la cappella fu eretta nel 1717.
Gli affreschi della cupola, fra i quali spiccano le Virtù e le Sibille,
sono opera di Antonio Gresta , all’epoca uno dei migliori pittori
operanti nel Trentino e risentono del colorismo veneziano, ma il
capolavoro della cappella è l’ altare di Cristoforo Benedetti di
Castione.
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Grandiosa macchina scenografica, l’altare, in
splendidi marmi variopinti, consta di una mensa che sostiene la grande
urna con le reliquie, sormontata dalla statua del santo in gloria ed
esaltata da un grande baldacchino con colonne e cimasa mossa. Due grandi
angeli ceroferari in marmo bianco affiancano l’urna, movimentando ancora
di più l’insieme.
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Altare della cappella di S. Felice
Opera di Cristoforo Benedetti J
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Altare di C. Sartori nella chiesa dell’Assunta di Villa Lagarina
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Complessa macchina che non mancò di suscitare lo
stupore dei contemporanei, l’altare della cappella di San Felice è una
prova della maturità artistica raggiunta da Cristoforo Benedetti che
opera qui una sintesi fra le suggestioni di Guarino Guarini, di Andrea
Pozzo e dei modelli d’oltralpe, fra i quali l’altare della cappella
sepolcrale di Ferdinando I a Graz, opera di Fischer von Erlach.
L’urna reca la lunga scritta che ricorda la traslazione delle reliquie
di san Felice - Divo Felici / PATRONO, THAUMATURGO, FAUSTI OMNIS CORYPEO
/ VETUSTA HAEC TECA / DEMONIUM FUGA AEGRIS ASYLUM / AD FELICITATIS
INCREMENTA / SACRUM REDDITURA PIGNUS / INTER SANDALIA ANTISTITIS /
SUPERESITES MARTYRY TESTES / OSSA TEGIT – ed è stata meta di numerosi
pellegrini, giunti non solo dalla valle, ma anche da Termenago in val di
Sole, da Ala, da Sacco, da Nomi, come documentano i graffiti
settecenteschi incisi nel marmo e gli ex voto che ancora ornano la
cappella.
Per saperne di più:
N. RASMO, Cristoforo Benedetti, Trento,1984
A. BACCHI, L. GIACOMELLI, Scultura in Trentino. Il Seicento e il
Settecento, Trento, 2003
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