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Lenzima |
Da Nomesino una strada tortuosa scende a
Lenzima attraverso una zona intatta di boschi e campagne, con
muri a secco a gradoni e residui di antiche coltivazioni.
Lenzima (m. 604) sorge su un terrazzamento sui fianchi del monte
Biaena, aperto come una spettacolare balconata sull’intera Val
Lagarina.
Il luogo era già abitato in epoca romana, come testimonia la
bella statuetta di Mercurio trovata nell’area sepolcrale venuta
alla luce nel 1907 vicino alla chiesa e ora conservata a Trento,
nel Castello del Buonconsiglio.
Lenzima: il paese
Il paese fu possesso dei signori di Castelcorno (1178-1250)
quindi dei Castelbarco, (1255-1499) e infine dei Lichtenstein, che lo tennero
fino al 1759, quando la famiglia si estinse; passato al principe vescovo di
Trento e quindi all’Austria, durante la prima guerra mondiale si trovò sotto il
tiro diretto delle batterie italiane appostate sul monte Zugna e fu
completamente sgomberato dalla popolazione.
Comune autonomo fino al 1928, Lenzima fa ora parte del comune di Isera.
Nonostante gli sconvolgimenti dovuti alla prima guerra mondiale, Lenzima ha
conservato l’impianto urbanistico antico e l’edilizia tradizionale di belle case
in pietra, munite di ballatoi lignei, che in alcuni casi, come nelle abitazioni
poste attorno alla piazza, presentano elementi lapidei di pregio nei portali e
negli architravi delle finestre.
Abbellisce la piazza anche una fontana del 1868 con mascherone in pietra.
Tra le opere d’arte conservate la più preziosa è la croce astile di San
Martino, lavorata a sbalzo con al centro la figura di san Martino che taglia
un pezzo di mantello per darlo al povero.
Croce di S. Martino
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La chiesa di San Martino fu
ricostruita nel 1764 e rimaneggiata in seguito, ma la sua fondazione
risale al Medio Evo, come rivela l’abside superstite, decorata da un
affresco cinquecentesco di bella fattura con la Madonna e i santi Rocco
e Sebastiano, che rivela influenze venete. |
L’altare di san Martino è guarnito con una pala donata nel 1662 da
Ambrogio Parolini , macellaio di Rovereto, in cambio del diritto di cittadinanza
a Lenzima, dove possedeva un maso e dei beni, diritto desiderato anche dal
genero, Nicolò Rosmini, che lo ottenne nel 1685 donando alla chiesa l’artistico
calice d’argento tuttora custodito.
A un pittore veronese del tardo Cinquecento è
attribuita la pala della Madonna del Rosario, sull’altare omonimo,
collegato forse al conte Costantino Lichtenstein, fatto prigioniero dai
turchi vicino a Budapest, dove morì in prigione nel 1614 dopo alcuni
tentativi andati a vuoto di ottenere dai famigliari la somma per il
riscatto. |
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Pala del Rosario |
Per saperne di più
RIGOTTI, Adriano, Lenzima: un paese la sua gente
PROSSER, Italo, La chiesa di S. Martino a Lenzima, Rovereto, Edizioni Sella,
2000
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