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 Cultura e storia
    
   

Pannone
 
 

Posto nella piana di Volture, ricca delle coltivazioni di cavoli cappucci, carote e patate che rendono celebre la Val di Gresta, Pannone costituisce il centro fra l’alta e la bassa valle e per questa ragione fu sede, fino al 1971, del comune di Gardumo, ora diviso fra Mori e Ronzo-Chienis.

Pannone, il cui nome ricorda la tribù dei pannoni, che fiancheggiava i longobardi nella conquista dell’Italia, è costituito da quattro isolati determinati dall’incrocio della “Strada romana”, che risaliva dal Garda e da quella che porta nell’alta Val di Gresta.

Il centro antico, seriamente danneggiato dalla Grande Guerra, fu totalmente demolito per far posto a una grande piazza circondata da case ricostruite, per le quali furono utilizzate le pietre squadrate del forte delle Dosse.

Nonostante le distruzioni il paese conserva ancora antiche case dalle movenze signorili, come la vecchia canonica, già sede del vicario di Gresta, le case dell’isolato dei Martini, fra le quali l’edificio utilizzato dai Castelbarco come magazzino per le decime raccolte nella valle e le vecchie case della contrada del Molim, che si estende ad est del centro abitato, lungo il rio Gresta.

Il rio era fonte di energia motrice per le fiorenti attività artigianali, testimoniate un tempo dalla presenza di due o tre mulini e segherie ed ancor oggi dall’esistenza, più a valle, del Pont del molim, un ponte di pietra ad arco e di una fucina con maglio tuttora funzionante.
In via Nuova una graziosa edicola devozionale, affrescata da Enrico Less con la Madonna fra san Gaetano e sant’Agnese, ingentilisce la casa dove il medico pittore abitò per lunghi anni.

La chiesa parrocchiale dei Santi Filippo e Giacomo, riedificata tra il 1853 e il 1856, ha sostituito la Cesa vecia, cinquecentesca, quasi del tutto demolita.
Da quest’ultima proviene il l’imponente altare ligneo barocco collocato nel presbiterio della parrocchiale, sontuosa macchina scolpita e dorata, raro esempio di sopravvivenza degli altari lignei nel Basso Trentino, sostituiti da quelli marmorei dei lapicidi di Castione.
L’altare, quasi sconosciuto nonostante l’indubbio valore artistico, copre quasi tutta l’altezza del presbiterio ed è ripartito in tre settori sovrapposti, con colonne istoriate alternate a nicchie che ospitano le statue dei santi protettori, alla sommità un timpano con un cartiglio reca la data 1645 e la scritta che ricorda l’offerente, una contessa NATA.(…)CASTRO BARCHO, una pia dama della famiglia Castelbarco Gresta, che abitava nel vicino castello.

Le numerose statue policrome sono distribuite su tutta la superficie: nel registro superiore i santi Pietro e Giovanni Battista, in quello mediano Filippo e Giacomo, i santi protettori del paese e nel registro inferiore santa Caterina d’Alessandria, san Lucio, san Rocco e san Martino.

Relegato sul fondo del presbiterio, l’artistico altare, dovuto forse a intagliatori gardesani o bresciani, è preceduto dall’altare maggiore in marmo, opera di quei maestri castionesi, che si imposero come padroni assoluti dell’altaristica settecentesca nel Trentino.
Bella opera in marmi policromi, l’altare è raccordato a due portali ornati di fastigi a ricciolo sormontati da angioletti.

 

Le trincee

La linea difensiva del Creino e dello Stivo

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 Coordinamento testi: Katia Angeli, Norma Benoni, Michela Luise

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