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 Cultura e storia
    
   

Nomesino

Nomesino (m 747) è una frazione di un centinaio di abitanti sita in una conca sul versante montuoso verso la valle del Cameras. La si raggiunge in pochi chilometri da Valle San Felice attraverso una strada che sale fra muri e campi terrazzati.
Villaggio compatto e pittoresco, di sapore montanaro, con case in pietra, ballatoi lignei, scale esterne e tetti ad ampie falde, Nomesino ha subito delle trasformazioni dopo la Grande Guerra, quando, sul luogo di alcune case distrutte, fu aperta la piazza.
La Chiesa di S. Martino, posta su un rilievo, fondata nel 1220, reca all’interno affreschi datati 1577 e deve il suo aspetto attuale al restauro del 1824.

Paese antichissimo, abitato già nell’età del bronzo e colonizzato in epoca romana da una “gens Numesia”, Nomesino ha lasciato abbondanti tracce della sua storia.
Moltissimi i reperti archeologici, soprattutto sul dosso di castel Nomesino, tra i quali la lapide di Emilia Maxuma, scomparsa ma, a riprova della sua importanza, provvidamente trascritta da Theodor Mommsen, il grande studioso dell’Ottocento, nel suo corpus di iscrizioni latine. La scritta portava il testo: MAXUMA AIMILIA CIVIS ROMANA ANNORUM LXX e costituirebbe il più antico testo latino rinvenuto in Trentino.
Anche il castello di Nomesino, posto sul dosso omonimo, attesta la lunga storia del villaggio. Appartenuto al ramo dei Castelbarco-Albano, il piccolo maniero – vi vivevano una quindicina di persone - fu distrutto dai veneziani nel 1440.
Un altro castello, di cui restano pochi avanzi, è castel Verde, sulla strada verso Lenzima.

Reperti della Prima Guerra Mondiale si trovano in località Pilom,, verso Lenzima, in località Bora, alle pendici del monte Faè, dove si vedono molte gallerie e infine sul monte Faè stesso, dove sopravvivono alcune fortificazioni.

Suggestivi i dintorni, in particolare la cappella votiva di San Rocco, eretta all’incrocio della strada per Isera e di quella per Corniano, il paese fantasma. A pianta esagonale, la cappella fu edificata nel 1856 durante l’epidemia di colera, distrutta dalla prima guerra mondiale, fu ricostruita nel 1926. Una lunga iscrizione dedicatoria ripercorre la storia della chiesa.
La Malga Somator, sul monte Faè, è situata in magnifica posizione panoramica ed è sede di un intermittente punto di ristorazione.
Curiosa la scritta FU SUTA GRANDE incisa su una roccia lungo la strada cosiddetta romana a ricordare un lungo periodo di siccità avvenuto nel secolo XVIII.


Per saperne di più

A. GORFER, Terre lagarine,1977
P. CHISTE’, Epigrafi trentine dell’età romana,1971
 

Le trincee

La linea difensiva del Creino e dello Stivo

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 Coordinamento testi: Katia Angeli, Norma Benoni, Michela Luise

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