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Loppio |
Il borgo di Loppio, allineato sulla strada per Riva del Garda,
ha origine dai nuclei di abitazioni dei dipendenti e mezzadri annesse al palazzo
dei conti di Castelbarco.
L’ampia costruzione di fronte al palazzo fu edificata nel XIX secolo per
ospitare venti famiglie di coloni dei Castelbarco fino ad allora sparse in
casolari malsani e sprovvisti di acqua. Era chiamata la “fabrica”, una specie di
falansterio, dove, secondo i dettami fisiocratici, i coloni potevano condurre
una vita più sana, grazie a servizi igienici migliori. Un tempo l’edificio era
anche sede della stazione della vecchia ferrovia Mori-Riva.
Altro grande cascinale era quello dei Cittarini, distrutto durante la prima
guerra mondiale, del quale rimangono le rovine ai piedi della Bordina, sulla
strada sterrata che porta ai vetusti ruderi di castel Verde, l’antico
castrum Vetus.
Loppio ha subito una triplice perdita: il lago, celebrato da tutti i viaggiatori,
è stato prosciugato in seguito alla costruzione della galleria Adige- Garda nel
1958, il grande palazzo dei Castelbarco, distrutto nella prima guerra mondiale,
è l’ombra di se stesso e le arche castrobarcensi, monumenti della scultura
gotica in Trentino, attendono da anni di essere nuovamente esposte al pubblico.
Fino al XVI secolo il lago, misto a tratti paludosi, occupava uno spazio molto
più vasto andando dal passo di S. Giovanni fino alle porte di Mori, le
canalizzazioni e le regimentazioni effettuate a partire dal Settecento dai
Castelbarco lo ridussero notevolmente innalzando il livello del terreno e
trasformando le zone acquitrinose in coltivazioni.
Il lago presentava molte insenature, tra le quali il Bagno del Conte -dove una
grande pietra serviva da trampolino per i tuffi- e numerose isolette, come
l’Isola di S. Andrea, dove recenti scavi hanno messo in luce consistenti
testimonianze di epoca barbarica e paleocristiana.
Sulla sponda est si possono ancora vedere le massicciate della vecchia ferrovia
Mori-Riva-Arco, tracciata in epoca austro ungarica, sulle quali corre ora la
pista ciclabile.
Della sontuosa residenza dei Castelbarco restano solo pochi elementi.
Distrutto dalle truppe del generale Vendôme, durante la Guerra di Successione
spagnola, il palazzo venne ricostruito nel 1715 da Scipione Castelbarco, marito
di Costanza Visconti e ampliato nel 1812 utilizzando i materiali provenienti
dalle demolizioni del castello di Avio, proprietà della famiglia.
Ne risultò una vasta costruzione disposta ad elle sulla riva del lago, con
lunghe file di finestre e più di sessanta stanze ornate di stucchi, immersa in
un giardino all’italiana, ricco di statue e di nicchie, esteso verso il lago,
sulla cui riva c’era la Cafee Haus, un’edificio ottagonale collegato attraverso
un canale con la trappola per le anguille (anguilera) la cui pesca, assieme a
quella del pesce, alimentava un fiorente commercio. Il singolare edificio crollò
verso il 1980.
Durante la prima guerra mondiale gli austriaci, per rappresaglia nei confronti
di Pier Filippo Castelbarco, acceso irredentista, distrussero il palazzo e con
esso il prezioso archivio, perdita irreparabile per la storia del Trentino,
salvato in minima parte da Cesare Battisti che, attestato nei dintorni, guidò
una spedizione dell’esercito italiano a raccogliere le decine di pergamene
appese sui fili spinati per dileggio. Quello che rimane di
tanta rovina sono le fondazioni del palazzo, tuttora chiaramente leggibili,
l’abitazione attuale dei Castelbarco, un tempo casa agricola, priva di qualsiasi
arredo storico, la lunga costruzione verso il monte, trasformata alla metà del
Novecento in un pastiche medievaleggiante provvisto di merli, il giardino,
totalmente ridisegnato, con elementi scultorei in tufo recuperati dal giardino
antico e la cosiddetta “prospettiva d’Ercole”, una grande nicchia, che forse un
tempo ospitava una statua di Ercole, unita prospetticamente con la villa
primitiva sul lago.
Accanto al palazzo è la chiesa del SS.Nome di Maria, ricostruita nei
primi decenni dell’Ottocento da Carlo Ercole Castelbarco in forme neoclassiche,
a navata unica e facciata con timpano sostenuto da quattro colonne. Il
campanile, fatto innalzare da Cesare Castelbarco nel 1856, poggia su decine di
pali infissi nel terreno paludoso e reca i segni delle devastazioni della prima
guerra mondiale, espressamente lasciati a monito.
All’interno dell’edificio sono celati due sarcofagi castrobarcensi, un
tempo alloggiati sotto una tettoia di fianco alla chiesa.
Arche castrobarcensi
Ragguardevoli esempi della scultura veronese del Trecento,
sono stati trasportati a Loppio all’inizio dell’Ottocento dalla chiesa di S.
Tommaso a Rovereto e dalla cappella di S. Antonio presso il castello di Avio. Il
primo, di cui si conservano la statua giacente e il frontale, con la formella
della Madonna rubata negli anni Ottanta e recentemente recuperata, è il
sarcofago di Aldrighetto di Castelbarco, signore di Lizzana, morto nel 1333,
amico di Cangrande della Scala e nipote di Guglielmo il grande. Il secondo, del
quale rimane la statua giacente e una formella del frontale, appartiene a
Guglielmo Azzone di Castelbarco, signore di Avio, Ala e Brentonico, raffigurato
in ginocchio davanti alla Vergine assieme alla moglie Tommasina Gonzaga.
Per saperne di più
R. COLBACCHINI, in Le vie del Gotico. Il Trentino fra Trecento e Quattrocento,
Trento, 2002
A. LESS. Gardumo Val di Gresta…Mori,1981
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